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di Giuseppe Longo
PORDENONE – Pasqua di Resurrezione, festa del trionfo della vita sulla morte, festa della gioia, della speranza e della pace, alla quale tutti dobbiamo rimanere aggrappati in questo mondo difficile e ostile, dove i venti di guerra soffiano sempre più minacciosi e inquietanti. Ed è in questo giorno, centrale e indiscutibile per il Cristiano, che ci piace ricordare un vero e proprio evento che ha visto protagonista il Teatro Verdi di Pordenone, nel quale le proposte di grande qualità sono ormai consuetudine. Protagonista con una pagina di musica sacra fra le più belle e importanti che ci sono state tramandate e che ha anticipato l’atmosfera pasquale. È la Messa in Si minore, uno dei massimi capolavori di Johann Sebastian Bach. Una sorta di “testamento spirituale” del Genio di Eisenach, risalendo la sua composizione al 1749, appena un anno prima della sua morte.
Sul palco pordenonese, in una serata in esclusiva regionale che ha riempito in ogni ordine di posti il bellissimo Teatro guidato da Giovanni Lessio, due compagini giunte dalla capitale del Baden-Württemberg che dista poco più di 300 chilometri dalla città natale di Bach: la Barockorchester e il Kammerchor Stuttagart – per noi più nota come Stoccarda – affidati alla bacchetta di Frieder Bernius che fondò il prestigioso coro da camera nell’ormai lontano 1968, quando quello che sarebbe diventato uno dei massimi esperti di questo repertorio aveva poco più di vent’anni. E che per la prima volta si esibiva nella città del Noncello. Una bellissima pagina, la Bwv 232, che ha visto “dialogare” con il complesso vocale e orchestrale quattro solisti di chiara fama che rispondono ai nomi di Hannah Morrison, soprano, David Allsopp, alto, Jo Holzwarth, tenor, e Florian Just, basso.
Il concerto, che alla fine è stato salutato da vere e proprie ovazioni da parte di un pubblico entusiasta, si è sviluppato nei cinque tradizionali momenti della Messa cantata, vale a dire Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus e Agnus Dei. E la sua cristallina esecuzione ha soddisfatto appieno le attese, cui aveva fatto riferimento lo stesso consulente musicale Roberto Prosseda, che ha ricevuto il testimone da Maurizio Baglini: «Possiamo certamente aspettarci – aveva anticipato – un’esecuzione non “ingessata” o accademica, ma al contrario un’esecuzione vitale, fresca che farà scoprire, anche a chi già la conosce, alcuni dettagli di questa meravigliosa partitura spesso poco sottolineati».
Una esecuzione davvero magistrale che per l’attento uditorio si è tradotta in una esperienza di ascolto mistica e toccante, certamente da non lasciare indifferenti bensì intimamente coinvolti, a partire già dalla iniziale riflessione ispirata dalla richiesta di perdono contenuta nelle concise parole greche del Kyrie eleison – mentre tutto il resto è in latino, da sempre la lingua ufficiale e immortale della Chiesa cattolica -, e quindi trascinati dalla grande festosità, sottolineata da trombe e timpani, con cui si annuncia il “Gloria in excelsis Deo”, lo stesso che oggi si canta in tutte le Messe solenni della Resurrezione. Una maestosità confermata poi nel Credo, che però alterna anche momenti di grande raccoglimento, come nell'”Incarnatus est” e nel “Crucifixus”, all’esplosione di gioia del “Resurrexit”. Bellissima e toccante, nel successivo “Benedictus qui venit” che conclude il Sanctus, l’aria in Si minore per tenore, violino solo e continuo. Per giungere al sigillo finale con il “Da nobis pacem” che conclude l’Agnus Dei dove l’invocazione del coro si traduce in una vera implorazione affinché prevalga la composizione di ogni controversia che ci addolora e preoccupa. Quella che, come dicevamo all’inizio, desideriamo sottolineare proprio oggi, giorno di Pasqua.
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In copertina e all’interno immagini dei protagonisti di Stoccarda salutati al termine del concerto dai calorosissimi applausi del pubblico che gremiva il Verdi.